Wabdigré: … il gioco dello “scarica barile”…
Wabdigré è un villaggio circa tre-quattrocento abitanti a 45 km di pista scomoda e sabbiosa da Ouahigouya. Durante “l’hivernage” (l’estate per noi), specie in agosto, a causa della pioggia e del fango, è raggiungibile solo con l’asino o in bicicletta in sentieri fuori pista. Il Centro nutrizionale di Wabdigré, costruito nel 2000, fu uno dei primi progetti dell’Associazione Zoodo a cui noi collaborammo. Da anni, in tale villaggio, Zoodo, in collaborazione con Beogo, ha promosso il sostegno scolastico due giorni la settimana (giovedì e sabato). In tali giorni, agli allievi, che spesso non mangiano a sufficienza, è proposto anche il pasto di mezzogiorno. Quando iniziammo, nel 2000, solo una minoranza di ragazze andavano a scuola nel villaggio vicino di Boundoukamba. Ora la frequentano tutte e una ventina di giovani, ragazze comprese, frequentano le scuole medie o il liceo a Tangaye e ciò grazie al sostegno scolastico che ha svolto e svolge, tramite i suoi animatori, un ruolo di sensibilizzazione e promozione della scolarità presso le famiglie. Molti genitori, allora, non consideravano la scolarità e lo studio una prospettiva adatta alle ragazze. Esse rimanevano in casa, quale aiuto (per non dire “serve”), nelle “concessions” (abitazioni per vari nuclei famigliari), candidate giovani al matrimonio, spesso anche con uomini anziani, poligami, che accoglievano o forzavano le giovani ragazze all’unione precoce. Giungiamo al villaggio verso le 9.00 del mattino. Gli abitanti escono in gran numero dalle loro abitazioni. Un anziano ci accoglie e ci porge la mano chiamandoci “Franco-Franca”(avendoci conosciuto anni prima e ricordandosi di Franca, amica collaboratrice che, a suo tempo, lavorò con Zoodo al Centro nutrizionale). Ci augura più volte “lafi-balé…lafi-balé…” (buona salute). Seguiamo le lezioni di sostegno condotte dagli animatori Zakari e Issouf entrambi animatori-insegnanti con diploma universitario senza però formazione specifica. Stanno animando attività di lettura con discreta abilità didattica. Zakari spiega il senso di una parola francese dapprima in moré (la lingua madre degli allievi) e poi, nella sua prima frase scritta alla lavagna, commette due errori. Dopo essere intervenuto chiedendo agli allievi “…est-ce que vous êtes capables de trouver les deux fautes que votre maître a laissées –exprès…- dans la phrase?”, mi dico che anche per Zakari, come per la maggioranza degli animatori assunti nel corso degli ultimi anni da Zoodo, il diploma universitario in Burkina, non è garanzia di padronanza della lingua francese. Alle 10.30 abbiamo raggiunto a piedi, sotto un sole ora già cocente, il “forage” e l’impianto del “goutte à goutte” ad esso collegato. Davanti a noi i campi a sinistra del pozzo profondo desolatamente vuoti, senza colture. Unica eccezione: un bel campo cintato, sulla nostra destra, con colture rigogliose. L’impianto “goccia a goccia” è stato introdotto da Zoodo e finanziato da Beogo alcuni anni fa. Obiettivo: permettere alla popolazione di produrre ortaggi per la loro alimentazione e per la vendita (di cipolle) al mercato in città. Nei primi anni, il sistema ha permesso alla popolazione del villaggio di irrigare più agevolmente e con minor consumo d’acqua, le colture di verze, cipolle, insalata. Problema: l’eccessivo costo della benzina che “assorbiva” i guadagni della vendita. Altro problema per il quale siamo sul posto: la produzione di ortaggi, in particolare quella di cipolle, l’anno prima è risultata insoddisfacente. Inizio tardivo delle colture, cipolle che non hanno potuto giungere a piena maturazione, necessità di consumarle per lo più in loco senza sbocchi possibili sul mercato. Eccessivi costi del carburante. Addirittura, quest’anno, assenza totale di coinvolgimento della popolazione, in particolare delle donne che, in precedenza, si impegnavano in tale attività. Unica eccezione: il campo di Moumouni, contadino volonteroso che ha coltivato da solo un bel campo a cipolle e verze, usando il “goutte à goutte” unicamente con la pompa manuale. Ci riuniamo con tutta la popolazione, in cerchio seduti sulle panchine, davanti all’”hangar à palabre” all’entrata del villaggio. Mariam Maïga anima la discussione. Confronto agguerrito fra le parti in gioco: le donne da un lato, gli uomini di fronte, i rappresentati di Zoodo e Beogo (noi) a lato e Moumouni, il contadino volonteroso, su un altro lato. Assente l’animatore Ismaël (licenziato da Zoodo) che avrebbe dovuto collaborare con la popolazione e stimolare il coinvolgimento nel progetto. Mariam Maïga chiede alla popolazione come mai quest’anno le colture sono state tralasciate e il “goutte à goutte” non è stato utilizzato. A tal punto inizia il “gioco dello scarica barile”: le donne dicono che gli uomini non hanno voluto realizzare “la cloture” dei campi per proteggerli dagli animali erranti; gli uomini affermano che tutto è dipeso dal costo eccessivo della benzina; altri, tra cui Mariam, sottolineano la mancanza di iniziativa e stimoli da parte dell’animatore di Zoodo; altri ancora affermano che i soldi delle vendite di parte delle cipolle, non sono mai giunti al villaggio e l’animatore di Zoodo avrebbe dovuto riversarli alla popolazione; Mariam li redarguisce dicendo che avrebbero dovuto reclamare presso la segretaria-contabile di Zoodo, ecc… Moumouni, l’unico del villaggio che ha avuto la volontà di agire, chiede a tutti di non accampare scuse… Visibilmente a disagio nei confronti di Zoodo e Beogo, gli abitanti ci promettono di riprendere sin da ora le colture di “haricots, oseille et salade” e di rilanciare le colture con il “goutte à goutte” all’inizio della nuova stagione (settembre). Mariam conclude il confronto affermando di aver apprezzato il fatto che, finalmente, tutte le parti, hanno avuto il coraggio di esprimersi superando l’omertà che finora era regnata nel villaggio. Conclusione: sono comunque piuttosto sconcertato. Una volta di più, ciò che mi colpisce qui in Burkina, è l’atteggiamento remissivo di molti burkinabé. Non tutti, per fortuna. Sembra che si sia instaurato un sistema di passività e di rivendicazione nei confronti “dell’altro” (che sia lo straniero, lo Stato, l’ONG locale, l’ONG internazionale,…) senza assunzione diretta di responsabilità. Retaggio del colonialismo? Effetto perverso dell’aiuto umanitario e allo sviluppo? Assenza di coscienza civica e del senso dello Stato? Fattori di ordine caratteriale e climatico? Ciò che mi sembra assodato, per Wabdigré, è che la decantata solidarietà africana si stia rivelando un mito… Prima di salire in auto, rivedo con gioia Atzétou, la ragazzina Peul dal viso delicato e stupendo al cui battesimo mussulmano assistetti in veste di padrino otto anni prima. Il suo timido sorriso mi cancella di colpo ogni amarezza di giornata. Sono le ore 17.15 locali. Calma insolita. Persino la musica del bar qui fuori tace. Delle due lampade al neon, una è definitivamente morta.
Franco Losa
Ouahigouya, domenica 25 gennaio.