L’arte di caricare…

Ogni volta che torniamo in Burkina rimaniamo stupiti per la capacità dei Burkinabé, ma forse vale per tutti gli africani, di caricare i loro carri, carretti, biciclette, motociclette, furgoncini, auto o camion in modo incredibile, acrobatico, eccessivo, sfidando spesso le leggi di gravità grazie a grovigli di corde, fili vari, teloni o plastiche. In strada, in città o ai bordi delle strade che attraversano la savana,  le donne in particolare, ma anche le ragazze, da brave apprendiste trasportano sulla  testa canari, secchielli, vassoi di banane, mazzi di carote, di fragole (in città), sacchi di patate, cassette o altro. Divorano chilometri, imperterrite, degne, regine del micro-commercio, per raggiungere i mercati di villaggio o di città. Molto più raramente gli uomini trasportano carichi sul capo: mai verdure o frutta. Sui motorini o le motociclette è frequente vedere contadini che hanno incastrato, schiacciato come fossero sardine, maialini, capre, pecore aggrovigliate fra loro sotto il sole bollente; file, quantità inimmaginabili di galline stordite, appese a penzoloni, quasi arrostite “a freddo” dal caldo. I furgoncini, i camion o i bus ti fanno pietà per i carichi che devono sopportare, vorresti sostenerli, ti sembra sempre che debbano piegarsi, afflosciarsi su se stessi o rovesciarsi per il peso che devono sopportare. Sul rimorchio, sul tetto, appesi sul retro del veicolo o legate al portabagagli, capre, motociclette, valigie, sacchi, biciclette, giovani sdraiati, seduti, addormentati, arrampicati, appesi quasi a penzoloni: decorazioni umane costrette a ”pagarsi” tale biglietto dalla loro povertà. Ti guardano dall’alto del tetto del loro bus o seduti/accovacciati sulla montagna di sacchi di cemento o patate del loro autotreno, mentre li sorpassi seduto, più o meno comodamente, nella 4×4. Un brivido di disagio e di vergogna ti attraversa la schiena sudata e ti interroghi, ti chiedi se sei al tuo posto.

Franco Losa, giovedÌ 24 e venerdì 25 gennaio 2019