Il ventilatore proietta l’ombra delle sue pale
Ci ritroviamo alle 8.00 al “Bureau Zoodo” e la nuova segretaria Sarata, così come Absétou, animatrice di sostegno scolastico e Aicha, segretaria contabile, una delle cinque figlie di Mariam, è già al lavoro. Mariam mi dice, appena chiusa la porta del suo ufficio, che lavora molto bene, è seria e impegnata. Era disoccupata e sua figlia Balguissa, che l’ha conosciuta sul lavoro, gliel’ha proposta. Sembra, dunque, un ottimo “acquisto” per Zoodo.
Dopo l’esame dei primi consuntivi di progetto, quando stiamo per partire al villaggio di Baobané, arriva il tecnico dei “forages”. Mi invita a vedere il camion e i macchinari che serviranno per i lavori di trivellazione del nuovo pozzo di Rassandogo. Dico: “je fais une photo pour notre comité”. Il camion, giallo-arancio, sostiene con una certa difficoltà, vista la sua età, una grossa perforatrice sul gobbo. Verso le 10.00 siamo sulla nuova agevole strada in terra battuta per Baporé. La strada è stata realizzata per favorire l’insediamento di Truegold, una ditta canadese che intende sfruttare nella zona 5 giacimenti d’oro uno dei quali si trova proprio sotto e attorno alla moschea di Ramatoulai, meta ambita di molti fedeli mussulmani. Dico a Thierry, l’autista, “est-ce que la nouvelle route a été construite pour favoriser les projets Zoodo à Baobané?”. Si mette a ridere. Dopo un paio di chilometri incontriamo vari schieramenti di polizia. Capiamo il perché. In effetti, mercoledì 14 gennaio 2015, le istallazioni dell’impresa mineraria canadese, nel villaggio di Noogo, Comune di Namissiguima, di cui Ramatoulai è un quartiere, manifestanti infuriati hanno incendiato camion e attrezzature di Truegold. Ne hanno parlato diffusamente i giornali locali. In altre parole: buona parte della popolazione della zona non vuole l’insediamento minerario di Trugold che pensava di poter “comperare”, con la compiacenza del clan di Blaise Compaoré, l’approvazione delle comunità locali. A Baobané incontro al Centro Nutrizionale, mentre i bambini consumano con gusto la loro pappa, “bouillie enrichie”, con l’infermiere del progetto “santé mobile” da noi finanziato in 6 Comuni della regione. Lagji Sawadogo mi conferma, mentre prende la pressione ad un anziano, che il servizio è molto apprezzato dalle comunità locali. Seguiamo poi la fabbricazione del sapone di Karité che, ora, da Zoodo, viene confezionato in forme variegate (a palla, a fiore, in parallelepipedi di diverse dimensioni) e “colorato” anche con pasta di carote, carbone o indaco. Degli amici di Zoodo della Svizzera romanda, che gestiscono una ditta di sapone, hanno soggiornato a Ouahigouya per formare un gruppo di donne all’uso di queste nuove tecniche di confezione del sapone. Interessante. Poi, prima di recarci a Bagayalogo (visita al villaggio per verificare lo stato e il funzionamento del pozzo profondo finanziato da Beogo qualche anno fa), seguiamo le fasi di tintura del cotone bio. Tre giovani donne ci fanno la dimostrazione. Lavano, dopo bollitura, i fasci di fili di cotone e poi immergono quattro fasci alla volta, contemporaneamente (per fare in modo che la tintura penetri in modo uniforme e agisca allo stesso modo e momento sui fili), in tre grandi catini di latta contenenti tinture diverse realizzate con estratti di piante e foglie locali oltre a un liquido fissativo. Le tre donne, immergono, sciacquano, rotolano, schiacciano i fasci che assumono i tre colori scelti: il verde scuro, il grigio e il giallo (color risotto). Anche se la scelta dei colori di base è voluta, la loro intensità e gradazione è sempre una piacevole sorpresa e nessun tessuto, realizzato poi con i grandi telai (“les grands métiers”) agli atelier di Pissy (quartiere della Capitale) risulta identico ad un altro. In tale diversità e irripetibilità è racchiuso il fascino dei tessuti artigianali che sfruttano le tonalità della natura e l’impatto variabile di sole, pioggia, terra, stagioni. A mezzogiorno siamo al pozzo di Bagayalogo. Una donna sta utilizzando la pompa manuale per riempire il suo bidone giallo, di plastica. E’ attorniata da un nugolo di bambini che s’ingrandisce a vista d’occhio appena questi si accorgono della nostra presenza. Gridano “nassara, nassara, nassara” (il loro modo per definire noi bianchi) e corrono verso di noi. Chiediamo alla giovane donna se funziona sempre bene la pompa e se l’acqua del pozzo è potabile e buona. Ci risponde di sì con un gran sorriso. Salif, l’animatore che ci accompagna, l’aiuta a sollevare e a sistemare sul capo il pesante bidone giallo. Alcune gocce cadono accarezzandole il volto. Thierry: “..eh! Aziz, tu aide seulement les belles femmes…!”. Sono le 21 e 43 ora locale. Uno dei neon alla parete traballa e si spegne di tanto in tanto. Il ventilatore al soffitto proietta l’ombra delle sue pale, a ritmo incalzante, sulla parete color crema davanti al mio tavolo di lavoro.
Franco Losa
20 gennaio 2015, Ouahigouya