Mariam ci accoglie con tenerezza

Ouaga/Ouahigouya 15 gennaio 2015 – h 13.30 ora locale

Circa tre ore dopo essere arrivato a Ouahigouya. In viaggio da Ouagadougou a Ouahigouya Partiti alle 7.00 da Ouaga per Ouahigouya. Traffico di inizio giornata lavorativa. Le motorette e le biciclette, spuntano da ogni dove, come api che ti ronzano attorno, sfiorando la nostra Toyota 4×4. I sorpassi a destra sono la regola, continuo il rischio di travolgere qualcuno. Thierry, l’autista di Zoodo, guida come un artista. Le sfiora, rallenta o clacsona con maestria. Un’ora per “uscire” dalla città. Attraversiamo i binari della ferrovia che porta in Costa d’Avorio, fino ad Abijan. Le bancarelle e le tettoie in paglia, ai bordi della principale, sono soffocate da ogni tipo di merce: pile di secchielli in plastica o in tolla di tutti i colori, ranghi lunghissimi di materassi in gomma piuma, abiti esposti al vento che si tingono di laterite, frutti e legumi impilati con cura come cubetti per bambini. E’ il quattordicesimo o il quindicesimo viaggio in Burkina, non ho ancora finito di sorprendermi per l’ingegnosità dei piccoli commercianti burkinabé nel proporre ed esporre, in ogni dove, ai bordi di ogni strada principale o viuzza all’interno della città, i loro prodotti: un mazzo di carote, una piramide di limoni o arance, polli in piccole cassette rettangolari con vetri in plexiglass (li chiamano “poulets télévisés”), catene di biciclette e moto appese su un filo come cordoni di salsicce. Avanziamo ora rapidamente in direzione nord. Incontriamo i primi baobab, stupendi. Lasciamo le ultime zone abitate della capitale. In lontananza la tendopoli e le baracche degli alluvionati del 2009. I campi marroni e giallo chiaro, di paglia arsa dal sole, sono invasi dai sacchetti neri di plastica fine, svolazzano al vento, sono migliaia di corvi che riposano o si spostano di qualche passo. Ora Thierry aumenta la velocità. Sfilano sulla destra i nuclei di case attorniate da granai (le “concessions”). Ogni tanto spunta fra di loro una piccola moschea artigianale, luna coricata sulla punta dei loro campanili. Alcune capre attraversano la pista di catrame, spuntano dalla paglia, alta, ai bordi della carreggiata; a volte Thierry è costretto a frenare bruscamente. Un asino impalato in mezzo alla strada. Sembra snobbarci. Non sa che siamo il veicolo di una ONG con dei bianchi a bordo… Un piccolissimo capretto attraversa molto lentamente, mi fa una gran tenerezza, sembra aver perso la mamma; poi, però, penso che noi, a Pasqua, li mangiamo. Ci fermiamo al posto di Polizia per pagare il pedaggio. Due ragazze ci accostano, mi fanno segni al finestrino destro. Abbasso il vetro un po’ indispettito, mi offrono dolci rotondi al sesamo e fazzoletti di carta. Sorridono, ora mi sono simpatiche, le loro “coiffures” sono deliziose, i loro occhi vispi ancora di più. Mimando dico loro che non ho bisogno di niente. Mi tendono la mano chiedendomi di dar loro qualcosa. Di solito rifiuto gentilmente, ma ho due penne biro bianche e nuove. Ne regalo una ciascuno. Sembrano un po’ sorprese. Penso “che bello se una delle due diventasse scrittrice”. Siamo a metà strada. Per lunghi tratti incontriamo, parallelamente alla principale, la vecchia pista che collegava la Capitale con il nord del Paese. Spiego ad Anna, studentessa che viaggia con noi, che è stata realizzata dai francesi, al tempo del colonialismo. La si riconosce per i lunghi filari alberati di maestosi Kaisedra dalle ampie chiome. La strada fu costruita con il sudore dei burkinabé colonizzati e resi servi dai padroni francesi. Il padre di Mariam, le dico, ha lavorato come “schiavo” a tale impresa negli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale. Sua moglie, la madre di Mariam (per assistere al cui funerale ci stiamo dirigendo a Ouahigouya), lo seguiva per preparargli i pasti, come tutte le altre mogli, e di notte, dormiva a fianco del marito nella boscaglia (“dans la brousse”)! Giungiamo a Ouahigouya. Nel cortile di casa sua Mariam ci accoglie, l’abbraccio con tenerezza per trasmetterle la nostra partecipazione e solidarietà, è appena rientrata dalla casa di famiglia, dove l’Imam ha celebrato il rito funebre per il decesso di sua mamma che sempre ci ha accolto con un dolcissimo sorriso. Era grande amica di Annemarie, la madre di Magali. Tra anziane, dolci venerande, si comprendevano senza parlare la stessa lingua.

Franco